Michael Moore e Fahrenheit 11/9 alla Festa del Cinema di Roma

Michael Moore Fahrenheit
(Mariangiola Castrovilli) -  Moore, Premio Oscar per Fahrenheit 11/9, il giorno in cui Trump divenne Presidente, è a Roma per accompagnare la prima nazionale del suo ultimo film - una testimonianza - che certamente non vi lascerà indifferenti come è successo a noi, fin dalla prima volta che l'abbiamo visto al festival di Toronto, e che abbiamo rivisto qui, alla Festa del Cinema di Roma, dell'America e del mondo nell'era targata Trump.

Fahrenheit 11 9 Film Michael MooreIl film affronta anche tanti temi che aveva già trattato in passato come l'assistenza sanitaria, le sparatorie di massa nelle scuole, le bugie dei politici. In Italia chi non ha visto il film qui alla Festa, potrà vederlo in sala  dal 22 al 24 ottobre con Lucky Red e, se dovesse perderlo potrà recuperarlo poi su La7. È infatti Corrado Formigli, il documentarista pluripremiato e conduttore de La7 a moderare l'attesissimo incontro/conferenza stampa in una sala in cui, tutti i biglietti erano esauriti, fin dal primo giorno di vendita.

Ma come siamo arrivati a questa situazione così insostenibile, come afferma Moore con Fahrenheit 11/9 che accusa i democratici ed anche Obama di essere responsabili dell'arrivo di Trump, visto attraverso l'amara delusione degli elettori? «Diciamo che io la vedo così, ma è ovvio che i democratici non sono Trump. Trump è veramente il peggio del peggio. Come siamo finiti con lui? E' semplice, perché i liberali non hanno fatto quello che dovevano per vincere le elezioni e fermarlo. Penso che, prima di tutto, occorra guardare ai propri errori. Forse avremmo avuto una chance per sconfiggerlo, cominciando a interrogarci su cosa c'è di sbagliato in noi».

Siamo rimasti sorpresi, e non poco, quando abbiamo visto scorrere le immagini del presidente Obama a Flint durante lo scandalo dell'acqua inquinata. Dopo un cauto assaggio dal bicchiere che gli veniva porto, non ebbe nessuna reazione, non fece nulla di quanto la cittadinanza si sarebbe aspettata, gente che si ammalava, e gravemente, soprattutto i bambini, per non compromettere importanti interessi economici, non certo legati a Flint. «Questo gesto sbagliato di Obama ha condizionato i miei concittadini - commenta Moore - che non solo non hanno votato per Trump ma neppure per Hillary. Hanno scelto invece, di non andare a votare, e The Donald si è preso il Michigan».

Fahrenheit Toni e riprese del film sottolineano, senza scale di seta, i problemi esistenti al di là dell'oceano, ma Michael Moore non si ferma li, ai problemi di casa sua, in Sala Sinopoli si preoccupa anche del nostro andamento politico, perché ricorda l'Italia come il Paese in cui, trenta anni fa assaggiò il più «gustoso pomodoro della mia vita» e dove, «un quotidiano comunista, che oggi non esiste più e che vendeva cinquecento mila copie al giorno, mi intervistò. Ricordo che allora pensai che l'Italia era un Paese meraviglioso».

Forte di questi particolari souvenirs, eccolo partire, lancia in resta, all'attacco, perché «se da noi le scene sono dominate da quel grande performance artist di The Donald, da voi italiani trionfano Berlusconi, Salvini e Di Maio. Gente che fa divertire e si presenta per quello che è. L'operato di questi politici, però, non ha nulla di divertente».

Michael Moore red carpet